La vita è un' esperienza di colori. Luci e ombre sono il riflesso di come la si vive.
Il Neoimpressionismo di Rossella Ghigliotti, quando il visibile si dissolve e si mescola con l’intensità della percezione
Il Neoimpressionismo di Rossella Ghigliotti, quando il visibile si dissolve e si mescola con l’intensità della percezione

Il Neoimpressionismo di Rossella Ghigliotti, quando il visibile si dissolve e si mescola con l’intensità della percezione

[di Marta Lock]

Rossella Ghigliotti | ph Massimo Goina

Tutto ciò che ruota intorno all’essere umano può essere semplicemente visto, in modo quasi sfuggente perché la distrazione del vivere tende a distogliere dall’istinto di approfondimento, oppure può divenire stimolo a una più attenta osservazione che non viene compiuta solo con lo sguardo, bensì ha bisogno di attivare una connessione intimista con l’interiorità in virtù della quale a emergere sarà non più l’oggettività bensì tutto ciò che si lega alla memoria del cuore, a quel percepire sottile di ogni aspetto della realtà che inevitabilmente entra all’interno dell’emotività. La protagonista di oggi reinterpreta secondo questa linea guida espressiva un movimento artistico del passato che aveva rotto gli argini con l’arte tradizionale, e lo rende soggettivo attraverso una forte sensibilità che le permette di porsi in posizione di ascolto di un’interiorità costantemente sollecitata da ciò che appare davanti ai suoi occhi.

Quando il Realismo aveva preso in mano le redini dell’arte della metà dell’Ottocento, eliminando la soggettività per soffermarsi solo e unicamente sulla riproduzione della realtà nella sua veste più formale, un gruppo di artisti cominciarono invece ad avvertire un’esigenza differente, quella cioè di darne una versione più intensa, più orientata a riprodurne l’incanto della luce, dei sottili movimenti delle superfici acquatiche, del leggero vento che spostava i cespugli rinunciando alla perfetta definizione, al disegno preparatorio e affidando la descrizione solo e unicamente al colore e al suo accostamento sulla tela. Gli artisti che aderirono a questo nuovo concetto di arte diedero vita all’Impressionismo, ispirandosi all’opera di Claude Monet che fu considerata il simbolo in cui erano contenute tutte le linee guida del movimento, Impressions, soleil levant, in cui rielaborarono le ricerche sulla luce e sul colore compiute dal più pioneristico tra gli esponenti dell’Arte Romanica, l’inglese William Turner. Le impressioni erano dunque quelle ricevute attraverso la contemplazione dei paesaggi e delle scene di vita quotidiana, catturate contestualmente all’osservazione poiché una delle caratteristiche essenziali dell’Impressionismo era proprio la velocità esecutiva, l’immediatezza che includeva la necessità di fermare rapidamente attraverso tocchi pittorici brevi e veloci, tutta la bellezza e la perfezione che si manifestava davanti agli occhi dell’esecutore dell’opera. Le tele di Camille Pisarro, Alfred Sisley e Jean-Baptiste Camille Corot, oltre ovviamente a Claude Monet, mostravano quanto la luminosità fosse predominante nei loro paesaggi poetici e impalpabili, quasi invasi dalla leggerezza pittorica attraverso cui questi grandi autori si concentravano sull’equilibrio estetico, sulla riproduzione oggettiva di ciò che veniva visto arricchendolo con le sensazioni generate da una particolare luce, da un momento irripetibile in cui un filo di vento o l’arrivo di un fenomeno atmosferico come un temporale o la neve trasformavano un panorama ordinario in qualcosa di straordinario. La soggettività però era ancora una volta lasciata in disparte in nome di una ricerca del perfetto equilibrio estetico, sebbene a differenza del Realismo, gli impressionisti non riuscirono a lasciare fuori quell’interpretazione poetica e melodica che inevitabilmente fuoriusciva da ciascuna delle loro tele, persino nel momento in cui si confrontavano con i ritratti, come emerge dalle donne protagoniste dei dipinti di Berthe Morisot e di Mary Cassat. L’artista triestina Rossella Ghigliotti rielabora l’Impressionismo adattandolo a quella che è la sua poetica espressiva che non rinuncia a infondere nelle sue opere sensazioni ed emozioni soggettive, perché tutto ciò che la induce a dipingere è esattamente quell’impulso interiore che viene sollecitato dall’osservazione e che si lega indissolubilmente al percorso introspettivo che il contatto visivo con la natura va a generare; dunque la linea base impressionista viene mantenuta per tutto ciò che concerne la dissoluzione dei contorni delle immagini, l’utilizzo impalpabile del colore che diviene essenziale per mettere in evidenza la luce, l’alternarsi con le ombre che irradiano i suoi paesaggi di un aspetto plasticamente reale, ma viene poi oltrepassata perché ciò che emerge in modo chiaro dalle tele è l’impatto, l’interazione con la sua sensibilità, l’interpretazione che lei dà di quel ricordo, di quel frangente intravisto in un solo istante e che ha dovuto poi immortalare lasciando fuoriuscire le emozioni. Essendo la sua arte così legata al sentire personale, anche la gamma cromatica è differenziata e dunque le opere assumono un aspetto cangiante sulla base del trasformarsi della narrazione oggettiva e soggettiva; i colori più cupi e polverosi descrivono atmosfere che inducono alla riflessione, quelle in cui a emergere è la meditazione su tutto ciò che è inarrivabile, o che semplicemente indica un declino della natura, come nel caso della stagione autunnale, mentre quelli più chiari e delicati appartengono alle sensazioni morbide e avvolgenti stimolate da panorami in cui la luce diviene predominante sull’ombra. In entrambi i casi Rossella Ghigliotti non rinuncia a permeare le sue tele di una luminosità più predominante o solo funzionale a esaltare il buio eppure in ogni caso portatrice di quell’energia positiva funzionale a intravedere possibilità di risalita, di uscita da una nebbia della coscienza che spesso ha bisogno di attraversare la consapevolezza dell’ombra per trovare una sua più evoluta dimensione. L’opera Abissi è rappresentativa di questo concetto perché oggettivamente sembra raccontare le profondità marine, ma metaforicamente immortala quella fase dell’essere umano in cui tutto sembra essere avvolto dalle tenebre delle inscurezze, dalla paura di ciò che sarà, almeno fino al momento in cui sopraggiunge una rivelazione, intesa nel senso spirituale del termine, che permette di comprendere quanto invece sia possibile rialzarsi e risalire per ricominciare a camminare verso la luce. Le parti più scure del dipinto presentano dei graffi, quasi Rossella Ghigliotti volesse sottolineare quanto possa essere difficile dove attraversare una fase difficile, mentre invece la parte chiara sulla parte sinistra sembra irrompere a squarciare l’oscurità cancellandone le ferite inferte. In Infinito la riflessione si sofferma sull’immensità del paesaggio, su quella natura che circonda l’uomo e che spesso è lasciata in secondo piano rispetto alla velocità e all’impellenza del vivere ma che di fatto rappresenta il legame più ancestrale al quale non è possibile rinunciare se si vuole ritrovare un contatto profondo con se stessi; l’infinito del titolo costituisce dunque quelle innumerevoli possibilità che si dispiegano quando si è capaci di alzare lo sguardo, oltrepassare l’urgenza dell’esistenza ordinaria per lasciarsi andare a una riflessione più elevata, più universale, che conduce perciò a comprendere che quella che si stava vivendo è solo una delle opzioni che possono essere scelte. Questo tipo di conoscenza superiore è narrata da Rossella Ghigliotti attraverso il colore arancione, coniugato verso il ruggine ma poi sfumato fino ad avvicinarsi al bianco, una tonalità cromatica associata all’energia e alla capacità di realizzazione e dunque un silenzioso invito da parte dell’artista a lasciarsi andare e spingersi lontani rispetto a quanto immaginato o previsto, perché è solo così che può essere possibile giungere verso traguardi insperati. La tela Solstizio presenta invece una gamma cromatica decisamente più tendente ai colori freddi seppure l’immagine finale appaia calda, accogliente in virtù della sua rassicurante evocazione di un periodo di rinascita della natura, quello della primavera che è preludio di cieli sereni, di temperature più miti e dunque di nuove possibilità di impiegare i propri momenti liberi all’aperto proprio in contatto con paesaggi avvolgenti e rasserenanti come quello descritto da Rossella Ghigliotti. Lo sguardo vaga a cercare il confine tra terra e cielo anche se poi in fondo sembra non essere importante poiché ciò che conta davvero è l’impulso a entrare dentro quell’atmosfera impalpabile concedendosi il tempo di una pausa, contemplativa ma di fatto anche meditativa, in grado di ricaricare le energie per affrontare la contingenza. Il linguaggio pittorico dell’artista diviene così spunto per esplorare l’esistenza, le sue atmosfere soffici e intense sono connessioni profonde tra il percepire attraverso la fase osservativa e il sentire con la fase introspettiva, coinvolgendo il fruitore proprio in virtù di quella comunicatività leggera e delicata che ne fuoriesce. Rossella Ghigliotti, pittrice e scrittrice, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive e personali in tutto il nord Italia – Trieste, Venezia, Milano, Treviso, Udine, Pordenone, Roma -, le sue opere sono state premiate in occasione di concorsi d’arte e dal 2020 è membro del progetto culturale Ars in Tempore.

di Marta Lock